Dalle call agli ologrammi. Il futuro delle videochiamate


Dal manager alla nonna, negli ultimi 2 anni, a causa delle restrizioni legate alla pandemia di Covid-19, tutti hanno fatto un ampio uso delle videochiamate.
Ma Christoph Grainger-Herr, CEO del marchio di orologi di lusso IWC, ha deciso di fare un deciso salto in avanti quando, lo scorso aprile, non ha potuto volare a una fiera globale a Shanghai. Grainger-Herr si è infatti unito alla manifestazione come ologramma tridimensionale a grandezza naturale: ha presentato i suoi prodotti, chiacchierato e interagito con il pubblico, restando nel suo ufficio a Schaffhausen, in Svizzera.
La tecnologia, già usata anche da Netflix e T-Mobile, è stata fornita dalla PORTL, società con sede a Los Angeles. I suoi dispositivi sono cabine computerizzate alte 2,5 metri con una facciata in vetro e dotate di altoparlanti, telecamere e microfoni. All’interno appare l’ologramma a grandezza naturale di una persona che può parlare, vedere e sentire le persone davanti alla sua proiezione.
Un’altra tecnologia di comunicazione olografica, meno realistica ma decisamente più economica, è HoloLens, sviluppata da Microsoft e basata su un visore con auricolare. La utilizzano Thyssenkrupp per la progettazione e le riparazioni e Japan Airlines per la formazione.
La Ikin di San Diego è invece più focalizzata sul mercato dei consumatori e l'anno prossimo lancerà un dispositivo che si collega al telefono cellulare e proietta un ologramma della persona con cui si sta effettuando una videochiamata.
L’interesse per la tecnologia olografica come alternativa al video è, insomma, in grande crescita: l’ologramma è più realistico, più coinvolgente e più sensoriale alla videochiamata; permette di creare un contatto visivo e di intercettare segnali sottili utili alla comunicazione, come ad esempio accorgersi di chi sta guardando chi.
Secondo gli sviluppatori della PORTL, gli ologrammi potrebbero diventare una modalità di comunicazione normale negli uffici nel giro di 5 anni.