Tornare a camminare grazie al machine learning
Per la prima volta un uomo privato della funzionalità degli arti torna a camminare e muovere le braccia. Merito della robotica o, più nello specifico, del machine learning.
"Mi sono sentito come il primo uomo sulla Luna": così ha detto Thibault, trent’anni, tetraplegico da quattro. È lui il paziente che, grazie ad una tuta robotica, ha potuto risollevarsi in piedi e muovere alcuni passi. Una tecnologia sviluppata dai ricercatori dell’Università di Grenoble in uno studio descritto approfonditamente sulla rivista scientifica Lancet Neurology.
L'esoscheletro pesa 65 chili e raccoglie l’attività cerebrale tramite 64 elettrodi impiantati sulla corteccia motoria. Questi ultimi raccolgono l’attività cerebrale e la trasmettono ad un computer, che, sfruttando un algoritmo di machine learning, "traduce" i segnali mentali in azioni meccaniche. Un completo successo: in due anni Thibault è riuscito a camminare per 145 metri, toccando oggetti nello spazio tridimensionale con una percentuale di successo del 71%.
Questo è il secondo tentativo compiuto da parte dei ricercatori di Grenoble. Il primo era stato un fallimento, perché gli elettrodi avevano smesso di funzionare poco dopo essere stati impiantati. Ora però si pensa già al passo successivo. "Ciò di cui abbiamo bisogno è una maggiore velocità di calcolo, perché non abbiamo ancora i giusti tempi di reazione", ha dichiarato Alim-Louis Benabid, uno degli scienziati a capo dell’operazione. L’attuale esoscheletro è inoltre privo di meccanismo di stabilizzazione, così che c’è stato bisogno di imbragare Thibault al soffitto. Una volta superati questi ostacoli, i pazienti potranno uscire dal laboratorio e camminare autonomamente. Anche perché ci sono già progetti per lo sviluppo del controllo delle dita, per permettere al paziente di raccogliere e spostare oggetti.
Un esperimento che fa il paio con quello effettuato in Serbia, che ha permesso a tre persone a cui sono state amputate le gambe di tornare a "sentirle". In questo caso, gli arti artificiali sono in grado di trasmettere stimoli ai nervi dei moncherini che, arrivando al cervello, simulano la presenza di un arto vero.