Qualche dato sull’adozione dell’Intelligenza Artificiale in Italia
Durante l’AI Forum, evento organizzato a Milano il 5 aprile 2023 dall’Associazione Italiana per l'Intelligenza Artificiale (Aixia), il Presidente Gianluigi Greco ha illustrato durante la sua presentazione alcuni dati salienti che possono aiutarci a comprendere meglio quale sia l’uso delle tecnologie basate sull’AI all’interno del nostro Paese.
In Italia, il mercato dell’AI nel 2022 ha raggiunto 500 milioni di euro, con una crescita di ben il 32% in un solo anno. Le grandi aziende sono però nettamente in vantaggio rispetto alle PMI. A quanto emerge dai dati, infatti, il 34% delle grandi aziende ha già implementato o sta implementando degli strumenti basati su AI per accelerare i processi interni; dato che è da paragonarsi con quello delle PMI, dove solo il 15% di esse possiede già soluzioni che contemplino l’utilizzo di AI. Il 33% sia di grandi aziende sia di PMI sta invece valutando di introdurre l’AI. Quel che però segna un netto divario fra i due compartimenti è il dato di mancanza di interesse nei confronti di queste nuove tecnologie: il 62% delle PMI dichiara infatti di non essere interessato, contro un ben più contenuto 33% riferito alle grandi aziende.
Quel che è utile chiedersi non è tanto se le macchine possiedano allo stato attuale una vera e propria intelligenza, ma se esse possano realmente apprendere dai dati di storico un pattern che possa essere poi applicato in futuro.
L’intelligent data processing è infatti l’applicazione di intelligenza artificiale che in Italia è cresciuta maggiormente (ben il 34% rispetto all’anno procedente) nel 2022. Essa permette a un programma di estrarre informazioni da diverse tipologie di dati, velocizzando e facilitando il lavoro umano e rappresenta quindi uno degli entry level per il mondo dell’AI. L’industria, in questa prima fase, vede a questo tipo di tecnologie, come aiutanti degli esseri umani che possono quindi velocizzare il proprio lavoro. Si pensi ad esempio alla semplice mansione di classificazione di migliaia di immagini, alla ricerca e alla racconta di tutti i documenti che contengano una specifica parola chiave o alla compilazione di moduli attraverso l’inserimento di nomi, date e informazioni personali riportati in molteplici documenti. Processi che vedrebbero solitamente giornate e giornate di lavoro utilizzate per un lavoro ripetitivo e meccanico diventano dunque eseguibili da macchine. Ciò permette ai lavoratori di focalizzarsi su compiti che richiedono maggiori sforzi intellettivi e creatività.
Segue, in termini numerici e come settore di applicazione per l’AI, l’interpretazione del linguaggio, complice anche il boom mediatico di ChatGPT, che registra uno sviluppo del 28% in più rispetto al 2021.
Non è solo il mondo del lavoro, però, ad essere sedotto dall’AI. Le università hanno infatti incluso l’intelligenza artificiale in moltissimi piani di studi. Sono infatti 45 le classi di laurea che prevedono lo studio di argomenti che riguardano l’intero mondo dell’AI, e contrariamente a quanto si possa comunemente pensare, non sono semplicemente i percorsi di laurea STEM (anche se ne fanno ad oggi da padrone in termini numerici). A livello di materie la più presente è “Machine Learning” (19%) seguita da “AI application” (15%) e “Data mining” (11%). Ma non ci si limita solo al piano puramente tecnico; nei vari piani didattici sono infatti presenti, seppure in misura ben minore, anche altre materie come “Humans and AI” (5%) e “AI ethics, trust and fairness”(4%).
Questo si può spiegare con il fatto che l’utilizzo da parte dell’uomo di queste tecnologie e il continuo confronto con esse, porta a un cambiamento strutturale anche nell’essere umano. Ne è l’esempio la scacchistica, dove l’aver introdotto degli allenamenti in cui i giocatori sfidano i vari computer ha, di fatto, portato a un livello di gioco sempre maggiore nel tempo. Questo perché l’uomo, che ha la peculiarità di sapersi adattare, ha dovuto cambiare modo di giocare a scacchi per riuscire a battere la macchina.